La violenza adolescenziale contro i genitori (VAP) continua ad essere la forma di violenza domestica meno studiata, anche se sono in aumento le denunce presentate da genitori e giovani che per questo motivo scontano provvedimenti giudiziari. Tuttavia, la prevalenza dei reati di APV riportata dalle statistiche ufficiali potrebbe essere inferiore ai valori reali, poiché i genitori sono riluttanti a segnalare i loro figli alle autorità (Williams et al., 2016).
Armstrong et al. (2018) hanno sottolineato che il percorso di vita che porta ragazzi e ragazze a coinvolgersi in reati di APV potrebbe essere diverso e che sarebbe utile studiare ciascun gruppo separatamente: le ragazze con misure giudiziarie (comprese quelle per reati di APV), sono state vittime di abusi fisici e sessuali, talvolta ripetuti, più spesso rispetto ai ragazzi. Il legame tra esposizione diretta alla violenza in casa e abuso genitoriale suggerisce che la vittimizzazione più frequente delle ragazze rispetto ai ragazzi potrebbe riflettersi in un’analisi di genere della violenza verso i genitori.
Per ogni persona è importante poter vivere nelle relazioni primarie un attaccamento sicuro per poter apprendere l’abilità di essere “funzionali” nelle relazioni interpersonali. Infatti, l’incapacità di tollerare gli umori altrui e la paura della perdita rimandano ad attaccamenti irrisolti, che possono produrre vissuti di inadeguatezza. Se il disagio relazionale supera il livello medio, possono subentrare incontrollabilità, impotenza e vulnerabilità, ecco perché è molto importante diventare responsabili dei propri trigger, ovvero dei grilletti che possono scatenare emozioni e convinzioni associate alla “ferita originaria”. (AA.VV, 2024).
I risultati riguardanti le conseguenze dell’esposizione alla violenza per ragazze e ragazzi sono coerenti con l’ipotesi della violenza bidirezionale, che spiega il legame tra l’essere testimoni della violenza domestica tra partner intimi durante l’infanzia e successivi comportamenti violenti nelle relazioni intime da adulti (Black et al., 2010). Si collegano anche alla teoria della trasmissione intergenerazionale della violenza, che afferma che esiste una relazione tra essere stati vittime di abusi infantili e abusare di bambini più tardi come adulti (Haselschwerdt et al., 2019).
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Questa trasmissione avrebbe origine dalle relazioni primarie traumatiche che provocherebbero la formazione di relazioni secondarie disfunzionali che genererebbero altre relazioni primarie traumatiche, è possibile interrompere tale trasmissione solo seguendo un percorso che preveda una valutazione psicotraumatologica, psicodiagnostica e psicofisiologica. (AA.VV, 2024).
Una violenza può generare nell’individuo un trauma che andrà ad influire sulla sua personalità e sul suo modo di instaurare e mantenere relazioni. In ambito relazionale, poi, si possono verificare dei trigger, delle esperienze che fungono da grilletto e che attivano la persona riportandola al momento traumatico e proprio a partire da ciò si può generare una seconda violenza. (AA.VV, 2024).
La relazione tra il genere dell’aggressore e della vittima ha attirato l’interesse della ricerca perché la APV è principalmente diretta verso le madri, in campioni comunitari, clinici e giudiziari (Holt, 2021). Quando le madri sono state precedentemente vittimizzate fisicamente dal padre, la violenza contro di esse è maggiore. Questo effetto è mediato dal genere dell’aggressore, riflettendo la socializzazione differenziale di ragazzi e ragazze secondo i ruoli culturali e gli stereotipi di mascolinità e femminilità.
L’integrazione del protocollo A.S.V.S. al percorso clinico può facilitare l’autoregolazione affettiva e il contenimento della ruminazione ossessiva, potenziale “movente” della commissione di gravi agiti violenti auto ed etero diretti. (AA.VV, 2023).
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Martin e Cortina (2022) hanno condotto un’analisi con ragazze e ragazzi tra i 14 e i 20 anni che hanno segnalato di aver commesso o di non aver commesso APV, basandosi sulla proposta di Armstrong et al. (2018) di indagare l’APV separatamente per ciascun genere, prendendo in considerazione variabili quali l’abuso di sostanze, il rendimento scolastico, la struttura familiare, la salute mentale, l’esposizione alla violenza, il concetto di sé, il calore parentale, i tratti di indifferenza e mancanza di emozioni, il narcisismo e il sessismo (correlati all’APV). Differenze statisticamente significative sono state riscontrate tra gli adolescenti che hanno riconosciuto di aver abusato dei loro genitori e quelli che non lo hanno fatto: la probabilità di APV aumenta per i ragazzi se sono stati vittime di violenza in strada, mostrano sessismo ostile e frequenza di uso di droga; mentre il concetto di sé familiare, subire violenza in classe e il concetto di sé sociale la riducono. Per le ragazze, la probabilità di APV aumenta se hanno subito violenza in strada, hanno visto violenza in TV, provano rabbia verso il padre, subiscono violenza in classe, hanno un buon concetto di sé sociale e una buona comunicazione con la madre, mentre il rendimento scolastico la riduce. Nello studio, la presenza di violenza in casa ha predetto l’APV per le ragazze nella comunità, ma non per i ragazzi: questi profili diversi potrebbero essere il risultato di una socializzazione distintiva per ragazzi e ragazze, in base ai ruoli di genere e agli stereotipi di mascolinità e femminilità. Per i ragazzi, l’APV sarebbe un modo per esercitare controllo sulle madri, mentre per le ragazze sarebbe mirata a distanziarle dall’immagine di debolezza e impotenza femminile.
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Un tema essenziale per la prevenzione e il contrasto dei reati gravi contro la persona è quello dei “delitti familiari”, un delitto familiare è definito dai professionisti volontari dell’Osservatorio Nazionale sui delitti familiari come un omicidio, un tentato omicidio, un suicidio o un tentato che spesso segue un omicidio o un tentato. Il dato indicativo è quello del grado di familiarità che intercorre tra la vittima e l’autore di un delitto familiare. Dal 2013 i professionisti volontari dell’Osservatorio Nazionale sui delitti familiari raccolgono i dati pubblicati sulle testate nazionali aggiornandoli dopo gli sviluppi investigativi. (AA.VV, 2024).Bibliografia:
AIPC Editore Roma, (2024). Sintesi Webinar AIPC “L’algoritmo della violenza”.
AIPC Editore Roma, (2024). Sintesi conferenza AIPC 19 gennaio 2024. Le relazioni interpersonali: dalla genesi alla nemesi
AIPC Editore Roma, (2023). Webinar AIPC gratuito “La Scienza della Violenza: dall’anamnesi al trattamento”.
Armstrong, G., Cain, C., Wylie, L., Mufti , L., & Bouffard, L. (2018). Risk factor profile of youth incarcerated for child to parent violence: A nationally representative sample.Journal of Criminal Justice, 58, 1-9. https://doi.org/10.1016/j.jcrimjus.2018.06.002
Haselschwerdt, M. L., Savasuk-Luxton, R., & Hlavaty, K. (2019). A methodological review and critique of the “intergenerational transmission of violence” literature. Trauma, Violence, & Abuse, 20(2), 168-182. https://doi.org/10.1177/1524838017692385
Holt, A. (2021). International and cross-cultural research on violence against parents. In T. K. Shackelford (Ed.), The SAGE handbook of domestic violence (pp. 841-858). Sage.
Martín, Ana M.; Cortina, Helena Profiles of Adolescents who Abuse their Parents: A Gender-based Analysis Anuario de Psicología Jurídica, vol. 33, no. 1, 2023, pp. 135-145 Colegio Oficial de la Psicología de Madrid DOI: https://doi.org/10.5093/apj2023a5.
Williams, M. Tuffin, K., & Niland, P. (2016). “It’s like he just goes off, boom!”: Mothers and grandmothers make sense of child-to-parent violence. Child and Family Social Work, 22(2), 597-606. https://doi.org/10.1111/cfs.12273
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